RICEVIAMO : Dopo l’allarme lanciato dal Vescovo di Noto Mons. Antonino Stagliano’in merito alla pericolosità sociale dell’app Poèmon GO, anche la La dottoressa Margherita Spagnuolo Lobb, direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy,condivide le preoccupazioni di Mons. Stagliano'

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Pokémon Go, la psicoterapeuta: “Ecco perché è davvero un gioco pericoloso”

 

 

La dottoressa Margherita Spagnuolo Lobb, direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, condivide l’allarme lanciato dal vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, sulla pericolosità dell’app che impazza anche in Italia. “L’effetto del gioco è peggiore di una sbornia, potremmo paragonarlo a un’allucinazione e all’LSD degli anni Settanta”

 

 

Siracusa, 18 agosto 2016Per il vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, l’app Pokémon GO, che da qualche settimana impazza anche in Italia, è un gioco “diabolico”, allarmante perché è un “sistema totalitaristico come quello nazista”. E ha annunciato di essere pronto a un’azione legale per “preservare la sicurezza sociale degli uomini e delle donne della Terra”. Davvero un gioco di questo tipo rappresenta un pericolo, oppure si tratta della “solita” crociata contro i videogame? Per Margherita Spagnuolo Lobb, psicoterapeuta direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, questa volta l’allarme è assolutamente giustificato, e l’app è effettivamente pericolosa: “Il gioco – spiega – richiede a chi lo usa di concentrarsi totalmente su quella che, pur essendo definita come ‘realtà aumentata’, è di fatto una realtà virtuale, lasciando, anche se solo momentaneamente, il contatto con la realtà attuale”. Ecco perché, da tutto il mondo, giungono notizie di persone che compiono azioni avventate mentre sono completamente immersi nel gioco: un ragazzo francese è entrato in una base militare in Indonesia, un turista tedesco ha scavalcato la recinzione entrando di notte nel Colosseo, due ragazzi canadesi hanno sconfinato negli Usa e sono stati arrestati, una 19enne è stata sorpresa mentre guidava contromano a Firenze…

 

“Il pericolo – sottolinea la psicoterapeuta – è dato dall’abbandono dei confini della realtà per vivere una realtà parallela, che consiste in una percezione non reale dentro un mondo reale. L’effetto è ancor più sfacciato di quello di una sbornia (durante la quale la percezione è offuscata dai fumi dell’alcool): potremmo paragonarlo a un’allucinazione, in cui la persona interagisce con un contesto reale basandosi su una realtà non condivisa”.

 

Il direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy paragona quindi l’app alla grande diffusione dell’LSD negli anni Settanta: “L’uso di questo allucinogeno – spiega – era sostenuto dall’idea umanistica di sviluppare il potenziale umano. La grande differenza è che allora l’esperienza allucinatoria, pur essendo personale e soggettiva, veniva vissuta in gruppo, ed era una pratica ristretta a questa realtà: chi usciva in strada ‘fatto’ veniva a malapena tollerato. L’allucinazione data dall’immersione nella realtà aumentata di Pokémon GO, invece, non è un’esperienza di gruppo ma singola e personale, e quando il giocatore vi è immerso non ha accanto nessuno che lo protegga dai pericoli del mondo reale. Questo gioco, a differenza dell’LSD, non è dannoso da un punto di vista biologico ma sociale: i cacciatori di Pokémon non sono indeboliti da sostanze psicotrope, hanno il pieno possesso delle proprie facoltà fisiche ma non hanno più la capacità di tenere conto dei limiti reali del contesto in cui giocano”.

 

Secondo la psicoterapeuta, dunque, Nintendo “dovrebbe fare in modo che l’app venga utilizzata solo in un contesto protetto, nel quale i giocatori non rischino di compiere azioni sconsiderate. È veramente incredibile come un gioco simile possa essere stato lanciato senza alcun tipo di precauzione o di avvertenza in questo senso: sembra quasi che il produttore voglia approfittare di una situazione sociale nella quale gli adulti hanno poca presa sui giovani e non riescono a contenere la loro energia in attività di valore affettivo e sociale”. I ragazzi, infatti, con questo gioco hanno la possibilità “di sfogare fino in fondo la propria energia, per divertirsi e per sentirsi autonomi, maturi e forti. Ma questo avviene senza un divieto protettivo del pericolo”.