” Il motto delfico di Socrate, “conosci te stesso” ovvero la tua anima”, intriso di Orfismo e Pitagorismo, sembra percorrere l’intera produzione artistica di Antonina Giunta. Nell’opera “Rigenerazione”sembra accennarsi sulla tela la breve visione del mondo perenne degli Dei e la proiezione di un paesaggio estatico e ninfeico. L’opera è una rappresentazione altamente spirituale di una spiritualità laica in cui l’anima umana cerca conforto, confronto e pace nella natura vegetale.
Sembrerebbe una composizione di Sophia, partorita dalla stessa Minerva, la dea della saggezza che rappresenta simbolicamente l’equilibrio identificabile come una bussola cosmica. Nel mondo della manifestazione capita con una ciclicità difficilmente prevedibile che la struttura di cui facciamo parte subisca dei cambiamenti, in quanto la materia di cui è composto il Cosmo è in continua trasformazione ed evoluzione. L’uomo creatura che la abita come l’alchimista deve essere pronto ad evolversi e a fare fronte a tutto ciò. La rigenerazione per la razza umana consiste dopo questa nefasta pandemia nell’innalzamento del suo livello spirituale e inizia dalla constatazione di essere legati e tormentati dalla materia. Da essa è necessario allontanarsi per far emergere un nuovo Essere, nel quale la propria natura divina si ricongiunga con la gnosis, nel ritrovamento dell’appartenenza al divino dove tutto è contemplazione, gioia, bellezza, verità e luce.
Sulla tela di Nina Giunta, appare contemplativa e un pò assente una donna dai lunghi capelli neri che sembrano un continuum dell’idem nero largo cappello, completato da un altrettanto lungo velo nero, ritratta in estatica riflessione. L’atteggiamento rapito potrebbe sconfinare in un anelito di preghiera o nel ricordo affabulatorio di un ipotizzabile amore. Così è stata fissata in design originale, con lo sguardo assorto, come se i suoi occhi si perdessero nel contemplare le tre calle, come se quegli occhi fossero quelli dei tre angeli dell’icona trinitaria di Rublev.
Le calle detengono un simbolismo erotico, di passione, sensualità, bellezza e fertilità, oltre al significato di purificazione assunto dopo con il Cristianesimo. Ed è così che lo sguardo sensuale ed eletto della donna bruna, creatura che ritrova il suo Eden, dopo aver superato i terribili demoni del nostro tempo, assume un significato di beatitudine, castità, santità, purezza e pace. Il colore diviene dunque, innaturale e insolito, a tratteggiare gli effetti delicati e immaginifici dei contorni e del segno dove emerge una casta sensualità che da dà ordine all’alterità tra forma e sostanza. La predilezione per una struttura figurativa pensata come sogno si perde tra il fluire del tempo, nella presenza di un universo poetico che suggerisce un invito alla decantazione di un’immagine non precostituita per restituire l’incantevole travaso del vedere.
Siamo tornati così nel mondo di Artemide per dono dell’Intelletto Supremo che dona la visione del sogno oltre la materia, generando la rigenerazione spirituale attraverso quell’iniziazione creativa innata nell’autorevolezza dell’arte di Nina Giunta”.
Sembrerebbe una composizione di Sophia, partorita dalla stessa Minerva, la dea della saggezza che rappresenta simbolicamente l’equilibrio identificabile come una bussola cosmica. Nel mondo della manifestazione capita con una ciclicità difficilmente prevedibile che la struttura di cui facciamo parte subisca dei cambiamenti, in quanto la materia di cui è composto il Cosmo è in continua trasformazione ed evoluzione. L’uomo creatura che la abita come l’alchimista deve essere pronto ad evolversi e a fare fronte a tutto ciò. La rigenerazione per la razza umana consiste dopo questa nefasta pandemia nell’innalzamento del suo livello spirituale e inizia dalla constatazione di essere legati e tormentati dalla materia. Da essa è necessario allontanarsi per far emergere un nuovo Essere, nel quale la propria natura divina si ricongiunga con la gnosis, nel ritrovamento dell’appartenenza al divino dove tutto è contemplazione, gioia, bellezza, verità e luce.
Sulla tela di Nina Giunta, appare contemplativa e un pò assente una donna dai lunghi capelli neri che sembrano un continuum dell’idem nero largo cappello, completato da un altrettanto lungo velo nero, ritratta in estatica riflessione. L’atteggiamento rapito potrebbe sconfinare in un anelito di preghiera o nel ricordo affabulatorio di un ipotizzabile amore. Così è stata fissata in design originale, con lo sguardo assorto, come se i suoi occhi si perdessero nel contemplare le tre calle, come se quegli occhi fossero quelli dei tre angeli dell’icona trinitaria di Rublev.
Le calle detengono un simbolismo erotico, di passione, sensualità, bellezza e fertilità, oltre al significato di purificazione assunto dopo con il Cristianesimo. Ed è così che lo sguardo sensuale ed eletto della donna bruna, creatura che ritrova il suo Eden, dopo aver superato i terribili demoni del nostro tempo, assume un significato di beatitudine, castità, santità, purezza e pace. Il colore diviene dunque, innaturale e insolito, a tratteggiare gli effetti delicati e immaginifici dei contorni e del segno dove emerge una casta sensualità che da dà ordine all’alterità tra forma e sostanza. La predilezione per una struttura figurativa pensata come sogno si perde tra il fluire del tempo, nella presenza di un universo poetico che suggerisce un invito alla decantazione di un’immagine non precostituita per restituire l’incantevole travaso del vedere.
Siamo tornati così nel mondo di Artemide per dono dell’Intelletto Supremo che dona la visione del sogno oltre la materia, generando la rigenerazione spirituale attraverso quell’iniziazione creativa innata nell’autorevolezza dell’arte di Nina Giunta”.
Dott.ssa Melinda Miceli critico d’arte Enciclopedia d’arte italiana, Direttore artistico onorifico di Corriere Nazionale, Stampa Parlamento, Informa Sicilia, Luz Cultural, Arts Direct