Per il periodico Informa Sicilia a cura del Grillo Parlante.
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LA GIOSTRA
Al terzo giorno dopo il pesce d’aprile, singolar tenzone. Il vincitore avrà trono e donzella ?
Tutti i presenti hanno sborsato gli euri giusti secondo il censo, per la tenzone ? Domandò Messere Alex da Siracusa tesoriere del campo. Certo risposero i menestrelli mostrando il sacco con il gruzzoletto. Datene avviso al Pasciuto Demarco.
Si dia inizio e si preparino i sellati cavalieri! Che i pretendenti alla primaria tenzone si schierino d’avanti a Turi o’ Re così come previsto nell’antico libro, strillò il Pasciuto Demarco Mangiamele soprannominato “o’ sciupa margherite”.
Messer Grimaldi è il primo a muovere il destriero, verso la tribuna posta sull’uscio del real palazzo Scammacca, impettito in sella tutto lucido nella sua armatura , con tanto di lancia e scudo rotondo di arcobaleno ornato, e giusto motto: “Sia Espugnata Lentini”.
Si muove dall’ altro lato sempre in armatura e lustrato di gran misura , tal Andrea Visconte di Zarbanò. Tenea scudo lungo e ovale, seppur ancora ammaccato per via delle mazzate, ma con grande simbol pomposo d’ulivo tunisino e motto scritto: “Possiamo Demolire tutto lungo la via”.
Non per ultimo e senza pretesa arriva da Vinci un certo fiorentino Alessandro con ampia nomina d’esser cavalier di gran lignaggio. Il da Vinci ha scudo e bello motto: “Noi con Lentini”, ca pari a nominarlo, ca si rapi lu cori e lu purtuni antico . Ma illo spera, ma nulla dice, speriamo di non cader di sella. Se mi cade l’elmo a faccia mia tanto s’astruppia, il sel ciato è duro assai.
Si rivelino le regole della singolar tenzone, si raccomanda cavalleria a lor signori!! Cosi annunciava ad ognuno con un tocco di spada sulla spalla il consigliere del re e gran giullare di corte, Adelfio.
Ma dalla tribuna a fianco del Re Turi, si vedeva sogghignar Sir De Luca. Tal nobil homo detto Peppe, stava leggendo nel gran libro dell’antica torre e tanto parea preso ne la littura , ca pare ca u’ naso ci ficcassi rintra con tutta la testa.
Avanti, orsù sbrighiamoci gridò dun botto “o’ sciupa margherite”. Che non si faccia notte se nò spuntano le stelle e tutto si finisce.
Dal regno vicino il gran-padron Pippo, strillò a tutti, stativi accorti e attenti picchi Ora, siamo pronti e suoneremo le nostre trombe e scenderà in campo il migliore dei nostri cavalieri che farà a tutti voi gli occhi neri. A tal dire s’impauriron tutti magari i cavaleri con l’armi in pugnu e i nobili presenti, tutti tremanti. Solo un villico certo, Pier, osò arrispunniri : “Se Vossia ci voli intimorire si sbagghia, picchì con mio cumpari Marino, lo aspetteremo nello stradone e faremo suonare le nostre campane ”. Cavalier Portal venuto apposta dal regno di Biagiò a veder la giostra e riferire poi al suo mentore, sussurrò: “sempre che u’ baruni Maenza ci runa i chiavi du campanili e speriamo che ci siano attaccati i battagghi nei campani, s’annunca non si suona e che mala cumpassa !”.
Passato l’attimo di panico, visto che Pippo si era arrientrato nella sua corte, ritorna aria di festa all’antica torre, tutti in abito buono cucito su misura e per l’occasione, il banditore sempre lustro e ritto , grida a gran voce da sopra la garitta: Si festeggi dunque e si aprano i forzieri !
Si facciano avanti gli scrivani dell’antico libro mastro e di conto, del Dare e Avere bisogna aver riscontro!
Ma aprito con gran cigolio lu forziere di lu regno, grande sbigottimento. Unni su i denari ? Fra dare e Avere manca il personaggio più importante ca’ si chiama Resto!
Che festa si può mai far senza i baiocchi, ca’ puri a missa, tutti u’ sanno, senza di issi nun si fa e nun si canta.
Ma chissa è un’altra storia e marucupigghiù a miglior tempo.